Limpida era la notte
piena di luci ed ombre, ed anche piena
di voci che venivano da fuori
limpida e sonnecchiante di colori
sfumati e di una vena
di toni grigi e di linee corrotte.
Era la notte di questa contezza
chiamata contentezza
era la notte di questa realtà
detta felicità.
Felicità nascosta
dentro le pieghe oscure del rimpianto
dentro la piaga del risentimento
e diventata il più dolce tormento
e come controcanto
la ricerchiamo invano senza sosta.
Ma cosa ricerchiamo se non siamo
certi di ciò che abbiamo
e scambiamo per meta già sicura
l'amenità futura?
Ecco dov'è l'inganno:
che la felicità non è mai piena,
esser felici è pena di domani
e l'oggi già ci sfugge dalle mani
e basta la sua pena
e non ci serve portar altro affanno.
Sentite qua che razza di pretese,
dovremmo a nostre spese
non farcela sfuggire ad ogni costo,
far debiti piuttosto.
E il debito si paga
viltà presente contro ansia futura,
cura fasulla contro male certo:
ridurre il nostro mondo in un deserto
contro madre natura
per la felicità che resta vaga.
E vaga nella notte del pensiero
fantasma menzognero
che appare quanto dormono gli intenti
lasciandoli dormienti.
La notte scende piano
piena di dubbi e pregna di follie
ora il silenzio regna e nelle stie
sogna il pollame umano.