lunedì 28 gennaio 2013

Affiorando Frano

Sei il tempo che ha atteso il tuo dire
di giorno e di notte fremendo
è stato tremendo,
dovendosi a lui riferire
lo chiamo diniego
e fonte di nero sussiego
e pio desiderio.
Ma infine l’attesa si sciolse,
e il fare rivolse,
lo sguardo laddove ho formate
le fila di queste fiammate
diventando serio.

E’ solo poesia?
E’ dramma, è glossolalia?

Son rime baciate dall'estro
di questo maldestro
e rude operaio che sono.

Perdono se non so parlare
e capir l'italiano, perdono!

Io son solo nuvola, mare,
e non spiegazione del sogno.

Di voci non ho più bisogno
cercando parole
mi sembra un volta di più
che pure lassù
non mi ama nessuno, se vuole.

Eppure, ognuno è da amare.
Eppure ciascun deve fare
la strada per proprio suo conto,
Eppure, e non si sa come,
ciascuno dimentica il nome,
del posto dov'era diretto.
Ciascuno, ed io non difetto
di oblio, e non ero pronto.
Infatti vagavo,
la vita scherzavo,
dicevo facezie, ma adesso
del mondo non rido più spesso
che il riso soltanto agli stolti,
e invero son molti,
prolifera e abbonda.

Aspetto, ed è notte fonda
Aspetto, ma non certo invano
infatti affiorando io frano.

S’illumina questa oscuranza,
è come una danza,
il sommo pensiero chiarisce
le cose con ferme parole
del vano è falò
l'arcano finisce:
la mano nascosta non può
rischiare la luce del sole.