Affiorando frano
Segna il tempo le stanche direzioni
giorno e paura, demoni e silenzio
fin dentro le sue gole, e fontanelle
d'estri, parche finora d'ogni vento
sbuffano per formare le fila di queste
folate, che ora sembrano fiammate,
ora le rime baciate dall'estro,
fole di questo maldestro operaio
che sono. Echi sperduti risuono,
timide rose, non oso cantare
che oscure parti del mare dell'io,
petali dell'umano che si sperdono.
Io sogno la spiegazione del sogno,
io voglio udire voci, il vero canto
e non ho più bisogno di foschia
di questi ermetici segnali d'ombra.
Mai che una volta si dica di più,
mai, che si lasci anche un suono, od un nome!
Forse si chiama nessuno, ed ognuno
rinuncia a scorgere l'unico impero
che è proprietario dell'ovvio e l'assurdo
così che il proprio racconto dimentica.
Ora è il mio quando però, il presente,
il centro del dico, del voglio, del faccio,
l'estrazione archetipica del nome
del nutriente d'oro che rivela
che tutto è sole, e il sole è il tutto. E canto
che ragli stolti abbondano e la notte
è ancora fonda, e a rischiarare resta
la luce fioca del fuoco che ho dentro.
Del sole scorgo soltanto un rumore,
e quella voce mi scivola dentro.
Ora la sento, ed affiorando frano
772012 772016
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