Era sul punto di spargere fulmini in tutta la terra
ma poi temette per l'etere sacro,
da qualche tizzone,
lì, s'appiccassero fiamme, ed
ardessero poi
lungo
l’asse.
E si ricorda che c'era nel fato, quel tempo
futuro
quando sia mare che terra, invasa
la reggia
del cielo,
arse sarebbero,
e il gemito sente del
mondo assediato.
Quindi ripone le frecce, da mani ciclopiche fatte,
pensa a
una pena diversa: coi flutti la mortal genìa
perder per sempre, e da tutte le nubi abbattere il cielo.
Subito il freddo Aquilone, rinchiude negli antri di Eolo
ed ogni soffio che induca
qualsiasi
nube a fuggire.
Noto, infine fa uscire, su madide ali egli vola…
Metamarfosi 253-264
Iamque erat in totas sparsurus fulmina terras;
sed timuit, ne forte sacer tot ab ignibus aether
conciperet flammas longusque ardesceret axis:
esse quoque in fatis reminiscitur, adfore tempus,
quo mare, quo tellus correptaque regia caeli
ardeat et mundi moles obsessa laboret.
tela reponuntur manibus fabricata cyclopum;
poena placet diversa, genus mortale sub undis
perdere et ex omni nimbos demittere caelo.
Protinus Aeoliis Aquilonem claudit in antris
et quaecumque fugant inductas flamina nubes
emittitque Notum. madidis Notus evolat alis,