L'ordine è perentorio,
essere altro da quello che siamo,
tasti di vero avorio
suonati da un'esplicito richiamo
all'eterna promessa,
ma ognuno si fa sé
quando si affonda il passo.
La vita ci è concessa
non per vivere comodi, all'ingrasso,
non per sentire messa,
ma per essere noi stessi il sasso
che cade nello stagno,
l'archetipo, l'archè,
di un vivere diverso.
Nella tela del ragno
il potere è imbrigliato e non è perso,
ma se lo riguadagno
nella realtà di affaccia un universo,
cade quel divisorio
tra risposta e perché,
e infine ci rendiamo
conto che siamo il senso che non c'è.
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