Finisce il tempo semplice che scorre
e dice "resta saggio non opporre
ai demoni le nostre ere lontane".
Finisce, e dice "vengo e le fontane
dove sgorgava l'acqua sono asciutte
e adesso voglio trasformarle tutte
dentro, asciugherò i cieli a poco a poco
fino a farne pinnacoli di fuoco"
Finisce il tempo e dice, io però
ho tempo e voglia, e adesso riuscirò
a trasformare le fila di ugelli
in un fuoco di fila, dei più belli,
e queste folli operose fiammate
daranno origine a rime baciate".
Eccole qui, ritrovate dall'estro,
per così dire, di questo maldestro
e grossolano operaio che sono.
Perdono se non ha senso né suono
né parte il mio parlare in italiano,
perdono! Che io sono un nome strano,
sono la verità, ma che vi lega,
la spiegazione del sogno che spiega
che di voi non ho più bisogno: ovvero
il falso, l'odio, l'illogico, il nero
che sembra il vero, l'amore, e anche il logico,
il bianco, il rivoltarsi psicologico
di più: ritengo che lassù sia vuoto
o che non mi ama nessuno di noto
che ognuno resti solo e che in realtà
noi siamo polvere che passerà,
e che ciascuno per proprio suo conto
dimentica chi è. Quando ero pronto
anch'io a dimenticare, mi cullavo
dicevo motti e facezie e rimavo
rime del tipo anomalo, ridotte
a meri mozziconi, tutte rotte.
E quando il riso soltanto agli stolti
abbonda, e quegli stolti sono molti
riduce tutto a niente, ed l'io scompare.
La notte è ancora fonda, e a rischiarare
è la luce del sole che c'è dentro
ora è soltanto la voce, mi addentro
ed affiorando freno perchè frano
un anno è già passato: non invano.