Giro su me stesso
dentro quel complesso
senza uscita o ingresso
dove, senza accesso
sono dentro, adesso,
dove mi è concesso
di portarmi appresso
solo sabbia e gesso
per vedere impresso
l'io, l'idea, quel nesso
tra il mio sé e il suo ossesso
tra il mio dio e il suo messo
per cui cambio spesso:
vigo, e dopo cesso.
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