sento, del dio minore che ci guida
le cui scintille con l'umana sfida
saremmo, e non odore di pietanze.
Pungono come spille le distanze
tra ciò che il cuore sa, e di cui si fida,
e quelle istanze di chi in me si annida,
dove si annidano sempre altre istanze.
Non ci si fida, manca testa e cuore,
prendi distanze da pungoli e spille,
mangi pietanze sciape e senza odore.
Ti desti se ti sfidano scintille,
ma i guai ti guidano al male minore
che offre speranze e chiede fede a mille.
Siamo costretti a sopravvivere senza alternativa, figli di un dio minore di cui siamo scintille o pietanze, a seconda del punto di vista. Dentro di noi si annidano istanze diverse, che ci rendono estranei a noi stessi. E siamo inesorabilmente attratti verso il male minore, che offre speranze ma ci chiede cieca fede.
Il sonetto è attraversato, dentro, dalle sue rime che lo risalgono al contrario, rappresentando il verso contrario nascosto dietro l'apparente verso a favore, che si risolve in un nulla di fatto.
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