martedì 2 aprile 2013

Come far fuori l'umano (2)

Era il terribile volto di picea caligine avvolto
pende la barba di nembi e fluiscon le onde dal crine
nebbia si posa sul viso, e grondanti la veste e le penne,
se con la mano accarezza le nubi che pendono ovunque
ecco un fragore, dall'etere densi si versano i nembi.
Nunzia di Era Giunone, di vari colori vestita,
Iride l'acque raccoglie, e porta alimento alle nubi.
Sono abbattute le messi, e del contadino piangenti
giacciono i voti, e perisce il vano lavoro di un anno.
Nè del suo ciel si contenta quell'ira di Giove che il proprio
fosco e ceruleo fratello l'aiuta con onde ausiliarie.

Convoca i fiumi: e quando solerti alla casa del capo
giungono  infine "non devo esortarvi con lunghi discorsi
ora - gli disse - sentite, la forza che avete sbrogliate,
l'opera è questa! Aprite le case e alla massa incagliata
tutte le briglie sciogliete, dei fiumi che avete in custodia!"
ordina, e tornano indietro e le fonti rilasciano tutte
quindi sfrenato rivolgono il corso dell'acque sul piano.
Egli col proprio tridente la terra percuote e quella
trema e voragini apron le vie per il moto dell'acque.
Corron le acque dei fiumi invadendo l'aperta campagna
quello che basta per alberi, greggi, e gli uomini tutti
e anche le case ghermire con il penetrale più sacro.

terribilem picea tectus caligine vultum;
barba gravis nimbis, canis fluit unda capillis;
fronte sedent nebulae, rorant pennaeque sinusque.
utque manu lata pendentia nubila pressit,
fit fragor: hinc densi funduntur ab aethere nimbi;
nuntia Iunonis varios induta colores
concipit Iris aquas alimentaque nubibus adfert.
sternuntur segetes et deplorata coloni
vota iacent, longique perit labor inritus anni
Nec caelo contenta suo est Iovis ira, sed illum
caeruleus frater iuvat auxiliaribus undis.

convocat hic amnes: qui postquam tecta tyranni
intravere sui, 'non est hortamine longo
nunc' ait 'utendum; vires effundite vestras:
sic opus est! aperite domos ac mole remota
fluminibus vestris totas inmittite habenas!'
iusserat; hi redeunt ac fontibus ora relaxant
et defrenato volvuntur in aequora cursu.
Ipse tridente suo terram percussit, at illa
intremuit motuque vias patefecit aquarum.
exspatiata ruunt per apertos flumina campos
cumque satis arbusta simul pecudesque virosque
tectaque cumque suis rapiunt penetralia sacris.