mercoledì 3 aprile 2013

Come far fuori l'umano (3)

Se qualche casa si tiene potendo resistere a tanto
impeto intatta, seppure abbia il tetto altissimo infine
l'acqua lo copre, e sferzano i flutti ai lati le torri.
Già mare e terra non più nulla avevano a separarli
tutto era oceano, e ad esso mancava perfino la riva.
Occupa un colle qualcuno, un altro in barca si siede
prova a condurla coi remi, laddove pocanzi si arava,
ecco che sopra le messi o sul tetto di casa sommerso
naviga, ecco, c'è anche chi prende del pesce su un' olmo
l'ancora getta, se serve, persino nel verde del prato
ecco curvate carene che grattan le vigne di peso
e, dove or ora le capre brucavano le fini erbette
lì, il proprio corpo deforme, adagiano adesso le foche.

Boschi, metropoli e case, sorprendono lì sotto l'acqua
ninfe nereidi, e i delfini invadono selve e gli alti
rami rincorrono e pulsano tutte le querce agitate.
Nuota tra pecore il lupo, si porta i leoni rossastri
l'onda, e si porta le tigri, e nemmeno al cinghiale la forza
nè al travolto cerbiatto lo scatto aiutano adesso.
Cerca e ricerca una terra laddove potersi fermare
chi ha le ali, ed in mare si lascia cadere sfinito.
Copre l'immenso potere del mare le alture ed i colli,
flutti incredibili sferzano forti le vette dei monti
massima parte le onde carpiscono, e chi è risparmiato
sopravvivendo, è domato dal lungo e penoso digiuno.


si qua domus mansit potuitque resistere tanto
indeiecta malo, culmen tamen altior huius
unda tegit, pressaeque latent sub gurgite turres.
iamque mare et tellus nullum discrimen habebant:
omnia pontus erat, derant quoque litora ponto.
Occupat hic collem, cumba sedet alter adunca
et ducit remos illic, ubi nuper arabat:
ille supra segetes aut mersae culmina villae
navigat, hic summa piscem deprendit in ulmo.
figitur in viridi, si fors tulit, ancora prato,
aut subiecta terunt curvae vineta carinae;
et, modo qua graciles gramen carpsere capellae,
nunc ibi deformes ponunt sua corpora phocae.

mirantur sub aqua lucos urbesque domosque
Nereides, silvasque tenent delphines et altis
incursant ramis agitataque robora pulsant.
nat lupus inter oves, fulvos vehit unda leones,
unda vehit tigres; nec vires fulminis apro,
crura nec ablato prosunt velocia cervo,
quaesitisque diu terris, ubi sistere possit,
in mare lassatis volucris vaga decidit alis.
obruerat tumulos inmensa licentia ponti,
pulsabantque novi montana cacumina fluctus.
maxima pars unda rapitur; quibus unda pepercit,
illos longa domant inopi ieiunia victu.