martedì 22 marzo 2016

spegni il tuo schermo

come un oracolo un oscuro oggetto
mostra una via d'opaca comprensione
un'utopia, una crudeltà di senso
 
l'ombra del diavolo taglia di netto
l'aria, adesso è vivido il male e il bene
dove d'odore ingombra confusione
si oscura ciò che dico e ciò che penso
 
nubi odorose di finta pioggia inietto
sotto la dura pelle e nelle vene
scorrono tumultuosi sangue e vino
gonfi d'odio e tannino nero e denso
 
dal tubo del camino della mente
come un diamante rosa già rinviene
l'aria gonfia di odori e da un tombino
salgono mostri in sfavillio malfermo
 
rigido il fisico nostro già risente
l'invio di poche briciole d'ormone
non serve più il comando da vicino
per fare sì che il mondo resti fermo
 
simbolo freddo di volontà vincente
l'oracolo fatato ripropone
la propria immagine sopra il mio schermo

giovedì 17 marzo 2016

muri

sopra quei muri scorre la mia vita
riflessa dove l'aria è più sottile
la rabbia, il vento, il sole ed il colore

sopra ci disegnai con la matita
del mio pennello, con i miei arnesi
finchè mi uccise uno scalpello vile
non mi curò, mi uccise il curatore
 
tornai da morto, ed una calamita
mi spinse tra i colori non compresi
soltanto grigio diventò il mio stile
se grigi avevo l'anima ed il cuore 
 
non ho giocato mai una partita
e non ho vinto o perso, solo intesi
dipingere i contorni di un dolore  

martedì 15 marzo 2016

mostri

schierarsi, dover scegliere una parte
credendo di aver preso posizione
non trovando altra via
 
per dimostrare che da qualche parte
ci sia una qualche logica interiore
un qualche punto fermo, una ragione
che sia mia, solo mia
 
nella dialettica senza alcuna arte
si confonde e infine tace, per pudore
il cuore, il tuo recondito richiamo
smarrendo la sua via

così lo si dimentica nel bosco
fitto dei pensieri senza odore
confezionati, di cui abusiamo
non avendo più i nostri

nel mondo grigio e ottuso che conosco
regna sovrana solo confusione
dove chi siamo non è ciò che siamo
e noi non siamo nostri

mi sono perso, non mi riconosco
il sonno lucido della ragione
ha generato mostri

venerdì 11 marzo 2016

assenzio

ogni colore canta una canzone
ogni persona canta la sua storia
ma una è la sostanza, la memoria
 
uno il cantare insieme, e il nostro canto
è un sibilo sonoro, una questione
di vita o morte, di realtà o illusione
 
una sostanza, una, pane e vino
dove soggiace l'anima e l'incanto
di una sottile lacrima di pianto
 
dov'è, dov'è la nostra patria ardente
ripete il tempo nostro, a tavolino
dov'è, dov'è là fuori, nel giardino
 
oppure sotto l'arco, alla fontana
una sostanza, una finalmente
dove troviamo pace, tutto e niente
 
dov'è il ricordo, dove la speranza
nel mondo, in questa nostra pelle umana
in cui siamo finiti, ora lontana
 
sento chiamare l'eco di un silenzio
una certezza, una la sostanza
uno il pensiero, ma non è abbastanza
per rimediare a questo oblio d'assenzio

lunedì 7 marzo 2016

Io ci creai felici

C'era un mondo una volta
che tutto rifletteva, un mondo vero.
 
Nel cielo azzurro una leggera brezza
spirava sull'umanità raccolta
per sentirne il mistero.
 
Tutto era pervaso di bellezza
su tutto risplendeva un sole d'oro.
 
Io mi ricordo, c'ero
e anch'io vivevo della lucentezza
che ognuno mi emanava, di quel coro
di voci sognatrici,
anch'io vivevo d'arte e di purezza.
 
Trovarmi là è trovare il mio tesoro
trovare verità rivelatrici
lo stato d'animo che mi feconda
se ozio o se lavoro.
 
Io mi creai così, e volli amici
tutti, ogni realtà che mi circonda
così pensai la vita e questa storia.
 
Io ci creai felici.
 
Se mi ricordo, la speranza abbonda
ma ho perso la memoria.

martedì 1 marzo 2016

confini

cosa succederà da qui in avanti
non so, perché è materia da indovini,

cosa succederà se non si vede
niente, non ci sono angeli né santi,

niente, è come l'acqua quando inclini
un recipiente, scorre finché cede
una parete, così tutto scorre
all'interno dei prossimi confini
dentro l'invaso, nella propria sede.

stiamo scorrendo: inutili zavorre
diventano le idee e l'ispirazione,
diventa asperità la nostra fede,

il nostro cuore oggetto da riporre,
scaduto, vecchio, come una questione
da rimandare al fine settimana
a fine mese o fine anno, e corre,
corre così la nostra corrosione.

è l'ego che trionfa, la sovrana
centralità di parte, obtorto collo,
Ia sensazione che non hai il timone.

non è pressappochismo, non è umana
rassegnazione, è semplice controllo