venerdì 29 luglio 2016

sia come sia

l'alba di un'altra attesa si alza ancora
sulle incipriate cime del non senso
dove non conta più quello che penso
e la modernità ha la sua dimora

tutto svanisce e nasce di ora in ora
e si sparge nell'aria come incenso
di cui senti l'odore, non il senso
lasciandoti un'idea che non colora

e quando si capisce che è follia
si legge tra le righe, si intuisce
quando il ricordo affiora, allora frani

ti sfugge come sabbia tra le mani
e ti convinci che tutto finisce
per essere soltanto fantasia

occhi, orecchie, naso, bocca, pelle
sulla realtà di un interesse umano
sentono scendere sul monte arcano
neve e coriandoli fatti di stelle

in ognuno c'è l'eco di un ribelle
che grida forte io non vivo invano
mentre si posa piano piano piano
si scioglie e ride, ride a crepapelle


lunedì 25 luglio 2016

modernità serale

tutto è opportunità,  tutto è pretesto
per diventare l'altro sottinteso
l'omuncolo nascosto il cesto
dei mille e più ricordi abbandonati,

meticolosamente il vero è reso
difficile, un retaggio del contesto
in cui i contesti vengono calati

pixel di ogni colore numerati
la realtà trasmutano in silicio 
e raccontano rivoltando nel sospeso
la verità mutata in artificio

soffre l'animo dubbio e sacrificio
vedendo il mostro diventare fiera
e il mondo diventare mostrificio

quelle immagini forma la coscienza
quella scorza bugiarda d'incoerenza
che permette la saggezza un tanto al chilo

tutto diventa farsa, farsa vera
quell' indifferenziata indifferenza
che corre come un'onda sopra il filo
della modernità arrivata a sera
abbracciata alla Venere di Milo

martedì 19 luglio 2016

ombrello


e piove, piove vento e pioggia antica
umidità di nebbia, e la fatica
di amare nonostante ciò si sente
da quando non c'è più una faccia amica
piove la pioggia fredda e resistente
lungo le spalle, e bagna il tuo dolore
dimenticato in questo putrescente
ovvio, che è  marcio fino a dentro il cuore
che musica saranno i miei cent'anni
vissuti come un bruco scavatore
che non diventa mai farfalla? Inganni,
inganni, lustri appesi come i panni
ad asciugare al sole del rifiuto
che secca lacrime, lasciando affanni
e piove, e non smetterà neanche un minuto
per dare tregua, piove rabbia e offesa
su quanto ho visto, pensato e creduto
sulle ragioni e i torti di una resa

e per difendermi resta un ombrello
minuscolo, inservibile all'impresa
così isolato dietro a questo orpello 
mi perdo tutto ciò che c'è di bello  

venerdì 15 luglio 2016

novantanove


ritornano, ritornano, ritornano
le inclinazioni, e i giorni si contornano
di cose viste in mille altre occasioni
che le occasioni sfornano e risfornano
e non è un caso, è proprio il mio percorso
l'estro recalcitrante a penzoloni
che vive nelle pieghe del discorso
ma che non riesce a dare spiegazioni
chi sono io? chi è che mi comanda?
l'inesprimibile segna il rimorso
che mi fa capolino e mi domanda
quando lo sai che è il cuore che ti manda
segnali chiari, ma non sai che farne
tutto diviene pura propoganda
così più sai, più sai di non sapere
e non sapere come sangue e carne
possano contenere il tuo volere
senza che il caso possa approfittarne
il bello è che lo so, ma non ho prove
e non ci credo, e tutte le sere
mi chiedo come, quando, cosa, dove
non una volta, ma novantanove.

domenica 10 luglio 2016

in un milione di piccoli passi

l'ombra di una ragione inoperosa
si stende sulla via dell'incostanza
come se piano piano scivolassi 

lungo un piano inclinato senza posa
dove la vita va in un solo senso
seguendo gravità, come la danza
sul monte quando rotolano i sassi

ma è l'attimo di un volto, di una rosa
di un gesto, di un abbraccio caldo e intenso
fatti di nessunissima importanza
che intessono l'eterno, e se osservassi

dal lato del mio intimo ogni cosa
raggiungerei il bellissimo e l'immenso
in un milione di piccoli passi

mercoledì 6 luglio 2016

affiorando frano

Affiorando frano
 
Segna il tempo le stanche direzioni
giorno e paura, demoni e silenzio
fin dentro le sue gole,  e fontanelle
d'estri, parche finora d'ogni vento
 
sbuffano per formare le fila di queste
folate, che ora sembrano fiammate,
ora le rime baciate dall'estro,
fole di questo maldestro operaio
 
che sono. Echi sperduti risuono,
timide rose, non oso cantare
che oscure parti del mare dell'io,
petali dell'umano che si sperdono.
 
Io sogno la spiegazione del sogno,
io voglio udire voci, il vero canto
e non ho più bisogno di foschia
di questi ermetici segnali d'ombra.
 
Mai che una volta si dica di più,
mai, che si lasci anche un suono, od un nome!
Forse si chiama nessuno, ed ognuno
rinuncia a scorgere l'unico impero
 
che è proprietario dell'ovvio e l'assurdo
così che il proprio racconto dimentica.
Ora è il mio quando però, il presente,
il centro del dico, del voglio, del faccio,
 
l'estrazione archetipica del nome
del nutriente d'oro che rivela
che tutto è sole, e il sole è il tutto. E canto
che ragli stolti abbondano e la notte
 
è ancora fonda, e a rischiarare resta
la luce fioca del fuoco che ho dentro.
Del sole scorgo soltanto un rumore,
e quella voce mi scivola dentro.
 
Ora la sento, ed affiorando frano

772012 772016